You are the light and the way that they’ll only read about




Sei e sarai sempre le mie radici.
Sei e sarai sempre la matriarca di questa famiglia.
Sei e sarai sempre un esempio di resilienza, determinazione, autonomia, indipendenza, autarchia, testardaggine e solitudine.
Sei e sarai sempre l’immagine personificata dell’amore e dell’accudimento, abbondanti, esagerati, incondizionati.
Sei e sarai sempre il mio sostegno in ogni tipo di difficoltà.



Te ne sei andata all’improvviso, a sorpresa.
Te ne sei andata nel luogo che amavi, nella casa dove avresti dovuto trascorrere gli ultimi anni di pace e bucolica serenità insieme all’amore della tua vita, strappato via a te e al mondo troppo presto.



Io non credo in una divinità, non credo in un aldilà, non credo nella spiritualità.
Tuttavia, io so, e lo so per certo, che tu adesso sei finalmente con lui, in un qualche modo, in una qualche forma, in un qualche senso, finalmente nell’amore, finalmente nella pace.


Buonasera e buon venerdì


Buongiorno, caro blog.
Buongiorno e buon lunedì.
Ma è lunedì?
Sì, è lunedi.
Per saperlo ho dovuto verificare (più volte, effettuando controlli incrociati tra calendario e cellulare).
Qualche giorno fa ci eravamo illusi, io e i miei colleghi, di poter riaprire oggi le porte del centro cinofilo e riprendere, almeno in parte, a lavorare. L’illusione è durata meno di 24 ore, ma i suoi effetti perdurano ancora…

Per una persona come me (di certo per tutti, ma forse un po’ di più per chi è come me) non è affatto semplice vivere in questo stato di inattività, attesa, sospensione. Mi sembra di trovarmi in una dimensione irreale, fuori dal tempo. Senza una struttura che scandisca minimamente le mie giornate, esse trascorrono tutte uguali, lente e oziose; sembrano interminabili, eppure mi scivolano tra le mani.
La vita di prima mi sembra sia terminata ieri, eppure mi sento anche come se fossero passati almeno otto anni.
La vita che verrà dopo è un punto interrogativo: a volte mi dico suvvia, tra una settimana, al massimo fra due o tre, cosa vuoi che sia, questi giorni passeranno e non te ne accorgerai nemmeno; altre mi dico che non finirà mai, ma non perché io pensi che questa oggettiva situazione di lockdown possa durare in eterno, bensì piuttosto per la peculiarità quasi esotica che la dimensione temporale ha ormai assunto.
Il tempo per fare, il tempo per pensare, il tempo per riposare, il tempo per mangiare, che in un indefinito prima si stagliavano su una rassicurante e familiare linea unidirezionale e unidimensionale, si sono ora attorcigliati su loro stessi, in un caotico gomitolo a 2, 5, 10, 26 dimensioni, e di quel familiare, lineare ordine resta solo una sorta di ombra, una stupida eco che risuona nel ticchettio beffardo e vagamente idiota dell’orologio della mia cucina.

 

Spezza la catena

 

One of these mornings
The chain is gonna break
But up until the day
I’m gonna take all I can take

Intrappolata.
Invischiata.
Incatenata.
Racconti a te stessa che questa è una tua scelta.
Racconti a te stessa di avere tu il potere.
Magari ti dai anche un tono.
Cerchi di essere forte, determinata, presente a te stessa.
Ma certi giochi, ragazza, non li vinci.
Non li vinci perché l’altro giocatore non sta affatto giocando. Sta barando. O forse sta seguendo regole radicalmente diverse dalle tue.
Ti illudi che restare sia una tua scelta, ma sei caduta in una rete più grande di te.
Ti illudi di poter ottenere ciò che brami, di poter vincere, o almeno di giocare ad armi pari.
E invece stai solo barattando tempo ed energie per due briciole secche e muffose.
E ti sembra di ottenere tanto, oh sì.
E ti dici ma sì, ti dici la vita è una.
E dall’altra parte del tavolo da gioco c’è qualcuno che non vuoi perdere, a cui non vuoi rinunciare.
E allora resti, ti umili senza accorgertene, scendi a compromessi, sacrifichi anche le tue carte migliori, all’occorrenza bluffi. Metti su la migliore delle tue poker faces, e lo fai pure con te stessa.
E mai, mai la tua mente è sfiorata dall’unico dubbio, dall’unica domanda che dovrebbe porsi…
Quali parti di te stai buttando via, per quelle briciole?
Cosa stai perdendo?
A cosa stai rinunciando?
E, quando finalmente la catena si spezzerà, piccola mia, ti troverai di nuovo con il cuore a pezzi, circondata dalle macerie polverose di ciò che un tempo non molto lontano era il tuo amor proprio, la tua mente brillante, il tuo spirito indomito… di ciò che un tempo eri tu.

I am not alone in this body

 

L’empatia è senza dubbio una delle mie caratteristiche fondanti. Da quando sono diventata la persona che sono (da quando cioè ho abbandonato i personaggi costruiti ad arte per ritagliarmi un ruolo all’interno delle aspettative altrui), l’empatia ha iniziato a condizionare sempre di più la mia vita e il mio modo di pormi nei confronti del mondo. Tuttavia, ciò non accade sempre allo stesso livello di profondità e di intensità. Dipende principalmente dal periodo che sto attraversando e dalle persone con cui mi sto rapportando.

Ci sono delle fasi molto particolari della mia esistenza in cui riuscirei a empatizzare anche con una foglia… in questi periodi, la pelle è sottile, il cuore è spalancato e senza difese. Passare troppo tempo in mezzo alle persone mi sfinisce, e sono costretta a isolarmi nella folla (col rischio di apparire sociopatica) e a limitare i contesti con molte persone; in casi particolari, persino la frequentazione delle poche Amiche con cui divido il cammino (con un’unica eccezione).

Poi c’è il fattore persone. Ovviamente la sofferenza o rabbia o gioia di una persona che mi è cara risulta facilmente contagiosa. Uno dei modi in cui capisco che mi sto affezionando sul serio a una persona è proprio constatare quanto io inizi a prendere sul personale le sue emozioni. Quanto mi immedesimi. Nel bene e nel male, in qualche modo le vite degli altri diventano mie, i loro cuori diventano il mio e i battiti si sovrappongono, e io non sono più io, o non del tutto, per una certa quantità di tempo, che a volte si estende fino a farmi interrogare su chi sia io, alla fin fine…

Ho un rapporto di odi et amo con l’empatia.
La amo perché crea legami, mi connette con le persone, mi rende un’amica e un’umana migliore, mi spinge all’azione (nel senso molto egoistico che tale azione, avendo conseguenze positive sugli altri, finisce per averle anche su di me).
A volte la odio: quando mi colpisce a tradimento, quando raggiunge picchi di intensità tali da rasentare il dolore fisico, quando l’immedesimazione nell’altrui dolore è così totale da impedirmi di concentrarmi sulla mia vita, quando l’immedesimazione nelle altrui gioia ed emozioni fondanti è così totalizzante da impedirmi, in quella rapsodia di luci e colori, di mettere a fuoco chi sia io, dove inizi e dove finisca il mio ego, e cosa invece sia fuori di me.
Penso però che, anche nei suoi lati negativi e “scomodi”, l’empatia sia una forma istintuale di saggezza primigenia… ci ricorda, cioè, che in un certo senso, al di sotto di tutto ciò che la ragione può capire, non esiste un io, un tu, una lei, un lui, un loro, ma che siamo tutti collegati, siamo tutti un’unica anima, siamo tutti l’universo, o meglio, parafrasando Carl Sagan, siamo il modo che ha l’universo di esperire e sperimentare e sentire se stesso, un modo imperfetto, travolgente, in movimento, fatto di carne e sangue e ossa e pelle e piume e arti e code, fatto di occhi e cervelli e cuori, fatto di musica e arte e poesia e matematica e filosofia, fatto di grida e sussurri e gemiti e silenzi e respiri, di morte e vita, fatto di pianti e sorrisi, drammatico, cruento, terribile, meraviglioso, assolutamente e totalmente fine a se stesso e alla contemplazione della propria sublime e viva bellezza.

Feel the Earth move

Sdraiata su un prato verdissimo in mezzo ai monti in un caldo pomeriggio di inizio primavera, ho sentito la Terra muoversi.
Un branco un po’ allargato di cani vaga intorno a me. Corrono e giocano e a tratti si sdraiano a terra; ogni tanto sento una leccatina sul viso o un muso che spinge su una mano in cerca di attenzioni e coccole.
cani
Sdraiata su un prato verdissimo in mezzo ai monti in un caldo pomeriggio di inizio primavera, ho osservato con occhi socchiusi il Sole, percependo il miracolo insito nella sua stessa esistenza.
Mi sono alzata a sedere e mi sono guardata intorno.
Poco lontano, mio padre raccoglieva i “girasoli”, una verdura selvatica tipica di questo periodo.
girasoli
Intorno a noi, le montagne, il bosco, il verde dell’erba.
Intorno a noi, la Vita.
Appoggiata su una roccia dalla forma di una sfera leggermente schiacciata ai poli, che ruota vorticosamente su se stessa e al contempo intorno a quella palla di fuoco che vedo nel cielo.
Sdraiata su un prato verdissimo in mezzo ai monti in un caldo pomeriggio di inizio primavera, ho sentito che il cielo stesso era un’illusione. O meglio, lo è la distinzione tra cielo e terra. Ho sentito di essere nel bel mezzo del cielo, esattamente come il Sole.
Mi sono sdraiata nuovamente sull’erba. Sotto di me, la Terra. Ancora sotto, molto, molto sotto, un nucleo liquido incandescente.
Sdraiata su un prato verdissimo in mezzo ai monti in un caldo pomeriggio di inizio primavera, ho sentito la Terra muoversi. Ho allargato le braccia, i palmi verso la Terra; ho affondato le dita nell’erba e idealmente molto oltre, fino al cuore liquido, malleabile, incandescente, miracoloso di questa strana roccia sospesa nel cielo.
Ho riempito di aria i miei polmoni, poi li ho svuotati.
E ho capito, in quel preciso istante, che non esiste nulla di più miracoloso.
Inspira.
Espira.

Qualcuno che non ero io

I rapporti umani sono sempre stati un po’ un’incognita per me.
Fin dall’infanzia ho sempre desiderato essere accettata dagli altri, soprattutto dai tipici gruppi e gruppetti di varia sorta. Peccato che io non sia una persona adatta a far parte di un qualsivoglia gruppo: da brava introversa, mi sono sempre relazionata con naturalità con una persona per volta, e già uscire con due, tre o quattro amici mi risulta da sempre un po’ artificioso. Così, per adattarmi a questa realtà per me innaturale ma tanto comune e dunque bramata, ho finito per costruirmi un personaggio, che negli anni si è evoluto e che ha avuto un certo successo all’interno di diversi gruppi, sia in amicizia sia in attività di diverso genere. Disgraziatamente, però, quel personaggio non ero io.
Anche nei rapporti con i singoli, a volte, si ripresenta quello stesso personaggio oppure un altro preso dal mio ampio catalogo o ancora se ne crea uno nuovo ad hoc, modellato sulle esigenze, sul carattere e sui gusti dell’altra persona; in ogni caso, si torna sempre al punto di partenza: la volontà di essere accettata e benvoluta. A questo si aggiunga anche un’empatia fuori misura che a volte mi rende difficile distinguere i miei pensieri, sentimenti ed emozioni da quelli della persona che mi sta di fronte, tanto più se mi sta a cuore; e infine, una difficoltà (in parte innata, in parte rinforzata da anni di sottile violenza psicologica) nel dare valore ed espressione ai miei sentimenti.
Ecco, come avevo detto, i rapporti umani per me sono un casino.
Tuttavia non sono certo un’ingenua: sono perfettamente consapevole che ogni persona è uno, nessuno e centomila, che tutti indossiamo delle maschere e che, nella vita di tutti i giorni, ciò è assolutamente necessario e persino positivo. Penso anche, però, che tutti abbiamo bisogno di avere intorno almeno una manciata di esseri umani con i quali poter essere semplicemente noi stessi, se non sempre, almeno per la maggior parte del tempo. Penso inoltre di poter affermare (sentendomi peraltro molto fortunata) di avere intorno alcune persone che mi sono Amiche nel senso più pieno del termine, e con le quali posso essere davvero me stessa, ed essere accettata per ciò che sono, anche quando accettarmi, apprezzarmi e persino sopportarmi è impresa ardua.
Semplicemente me, con la mia incoerenza, la mia rigidità, i miei sbalzi di umore, il mio ciclo preciclo ovulazione, la mia meteoropatia, il mio amore per la musica, i miei scazzi, la mia mancanza di tatto, la mia pelle sottile, il mio astio verso il contatto fisico, la mia capacità di ascoltare e di porre le domande giuste e di dire la frase giusta che ti faccia guardare la questione da un altro punto di vista. Io con i miei tre più n cani, i miei tatuaggi, i miei capelli ricci a cazzo, la mia macchina zozza, la mia guida e i miei modi da camionista, la mia pigrizia, il mio disturbo alimentare, la mia amata odiata accettata-per-il-rotto-della-cuffia solitudine, la mia autostima altalenante, le mie ferite aperte e le mie cicatrici, la forza e la fragilità di una donna che è caduta mille volte e si è rialzata mille e una, che è andata in pezzi cento volte e ogni volta ha rimesso insieme i suoi cocci, spesso dimenticandosene qualcuno per strada senza mai avere paura di fare uno, due, dieci passi indietro per provare a ritrovare un frammento mancante, spesso invano.
Questa sono io, signori.
Se mi incontrate sul vostro cammino, potrei ringhiarvi, ma subito dopo potrei farvi entrare, anche se non me lo chiedete.
Se vi faccio entrare, però, sappiate che io sono tutto questo e molto di più, che io sono io e mai più nella vita cercherò di cambiare per essere accettata da qualcun altro.
Io sono così, e se vi faccio cagare vivo bene lo stesso, e vivo bene lo stesso anche se un giorno mi adorate e il giorno dopo non esisto più. E mai, mai più correrò dietro a qualcuno per chiedergli cosa abbia detto o fatto o cosa sia stata per non esistere più.
I motivi, tanto, sono sempre gli stessi.
Anzi, è sempre lo stesso.
Adoravate qualcuno che non ero io.

Primavera

Immagino che gli antichi, ignorando i moti della Terra e del Sole che causano l’alternarsi delle stagioni, considerassero la rinascita primaverile della natura un fatto incredibile, miracoloso, inspiegabile, prodigioso.
Io, dal canto mio, inizio a comprendere come la Morte tenga sempre in incubazione un’altra Vita, come anche nelle situazioni di più ristagnante stasi vi sia un silente lavoro nascosto, profondo, intimo; come la Vita si agglomeri dolorosamente e faticosamente in cellule per poi uscire in superficie, rigogliosa, brillante, luminosa, di una bellezza sconvolgente e accecante.

Ora che il mio lungo inverno sta finendo, ringrazio e rendo omaggio all’albero spoglio dai rami ricurvi che un tempo ero io. Mi inginocchio di fronte a lei, le esprimo il mio cordoglio e la mia infinita gratitudine; per lei, altro non posso fare che fiorire in tutto il mio splendore, sfoggiare tutti i miei colori, irraggiare tutta la mia luce.

Questo è il mio ringraziamento e questa è la mia promessa.

Ti ringrazio con tutto il cuore per aver scelto me.
Per aver scelto la solitudine invece che l’illusione di un amore.
Per aver creduto nelle mie passioni e nelle mie capacità e aver avuto il coraggio di fare un salto nel buio.
Per essere caduta e aver strisciato.
Per esserti tuffata nell’oscurità, per averci sguazzato, per aver costruito lì il tuo nido per un po’: mi hai insegnato a conoscerla intimamente e a non averne paura, e mi hai dato mille e uno motivi per scegliere la luce.
Grazie per aver scelto di allontanarmi da situazioni comode, abituali, soddisfacenti, ma frenanti il mio segreto germogliare.
Per aver amato ancora a dispetto di tutto, anche a costo di perdere tanti, forse troppi rami.
Per i tiepidi raggi di sole e le gocce di acqua limpida di cui ti sei nutrita, permettendomi di crescere nel tuo ventre.
Per aver sacrificato persone e situazioni che erano la tua vita perché avevi compreso che non potevano essere la mia.
Grazie per essere sopravvissuta strenuamente anche quando tutto intorno a te sembrava vuoto, insensato, morto; tu, con irrazionale fede istintuale, sei andata avanti.

Vorrei farti sapere che c’è sempre una speranza, che prima o poi la luce tornerà a fare capolino dalle nubi e a filtrare dai rami. Purtroppo, però, non posso farlo, perché tu sei morta, come era necessario che fosse per permettere a me di vivere.

L’unico modo che mi resta per renderti onore è farti una solenne promessa di sangue, l’unica possibile tra sorelle, tra madre e figlia, tra amiche, tra amanti; e io e te siamo e saremo per sempre tutte queste cose e molto di più.
Ti prometto che, come hai sempre fatto tu, continuerò a scegliere me.
Ogni giorno della mia vita, sceglierò di nuovo me; fino all’ultimo dei miei respiri rinnoverò questo giuramento.
Sceglierò me quando rinuncerò a qualcosa di desiderabile e piacevole in favore di ciò che è giusto e che può condurmi a quello che realmente voglio.
Quando rinuncerò a un amore effimero e non alla mia (alla nostra) altezza in favore di una dolce solitudine.
Quando inspirerò profondamente e mi butterò in un nuovo oceano di possibilità, con la paura, ma anche con la fiducia in te, sempre al mio fianco.
Sceglierò me quando incontrerò un’altra anima in grado di leggere la mia senza aiuti anche se forse con molta fatica, e la tua senza spaventarsi o fuggire; e altre labbra che baceranno le cicatrici della mia anima e del mio corpo, le desolazioni lasciate da altri e le ferite che ci siamo fatte da sole; e altri occhi che vedranno la struggente bellezza di quel dolore e capiranno il miracolo della primavera, e ti renderanno omaggio e ti ringrazieranno per sempre.

Il Mostro

Luglio 2016

Ieri sera, con l’aiuto e la mediazione dell’amico Paulaner (che non frequentavo da diversi mesi), ho avuto modo di conversare con me stessa per un paio di ore. Ormai il mio inconscio ha prepotentemente, ripetutamente e monotematicamente risposto alle domande “Cosa vuoi? Cosa ti manca?”; l’ha fatto prima solo attraverso un senso di tristezza ora vago, ora pungente e insopportabile; poi, l’ha fatto attraverso i sogni. Dentro di me, in fondo, avevo sempre conosciuto la risposta a questa domanda, ma ci sono voluti anni per arrivare ad accettarla. E, una volta raggiunto questo risultato, le mie fatiche non sono ancora concluse. Rimane un’altra importante domanda a cui rispondere…
Se tutto ciò che vuoi è l’amore, perché lo rifuggi con tutta te stessa?
Non è certo una domanda semplice. Anche solo porla richiede un grande coraggio. Significa mettermi faccia a faccia con l’oscurità che vive dentro di me e guardarla dritta negli occhi, occhi neri come la notte, come la morte, occhi che ti pietrificano, occhi in cui è facile perdersi.
Mi sono dunque armata di tutta la luce che avevo e sono entrata nella tana del mostro. Mi sono fatta luce con i miei ricordi. Una luce intermittente tipica dei ricordi dolci e amari.
E il mostro mi ha risposto.
“Tu rifuggi l’amore perché sei fermamente convinta di non meritarlo. Sei convinta di non essere fatta per amare, ma soprattutto di non essere fatta per essere amata. È qualcosa che va oltre il mero aspetto fisico. È una considerazione globale.”
Touchée, caro mostro. Touchée. Ma c’è ancora una cosa. Su, dimmela. Ora sono abbastanza forte per sopportarla.
“Se la pensi così, allora te lo dirò. Si tratta al contempo di una conseguenza e di una concausa. Tu, cara mia, sei una persona accidiosa. Passiva. Aspetti. Non sai nemmeno tu cosa, ma aspetti. Aspetti che qualcuno ti noti, che qualcuno si faccia avanti, che qualcuno chiarisca con te, che qualcuno ti spinga verso qualcosa, che ti doni amore e successo senza dover fare niente. Aspetti che le cose si sistemino da sole. Ti dirò un segreto, un segreto da mostro, oscuro come me: le cose non accadono mai da sole. Devi alzare le maniche e alzare il culo per ottenerle. Dare tutta te stessa. E il mondo è una gran puttana, tesoro mio, e anche così facendo non puoi essere certa di ottenere ciò che vuoi e ciò che meriti. Che meriti, sì, non ciò che pensi di meritare. Sono due cose enormemente differenti; soprattutto nel tuo caso. Lotta, combatti, agisci. Smetti di rimandare a domani. Ama te stessa. Amati davvero, prenditi cura di te, datti degli obblighi, dei compiti, dei premi. Fa’ di te la persona che vuoi essere. Fa’ di te la versione migliore di te stessa, in tutti i sensi. Nel fiume della vita, fatti portare dalla corrente, nuota ora di qua ora di là per scansare gli ostacoli e prendere l’affluente desiderato. Ma non rimanere ancora aggrappata a quel ramo. Non andrai da nessuna parte. E, prima o poi, si spezzerà, e saranno dolori. Verrai trascinata via contro la tua volontà, magari in un momento di debolezza (sai, la vita ha un gran tempismo, questa puttana). Allora prendi un respiro, preparati, e lasciati andare senza paura. Buttati. La fatica è tanta, l’acqua è fredda… ma è bellissima.”

Crescere

Ho commesso molti errori in passato. Come tutti, credo. Forse qualcuno di più, forse qualcuno di meno. Sono stata egoista, superficiale, impulsiva, permalosa. Sono stata una stronza. A volte sono stata persino una vigliacca.
Potevo scegliere se intestardirmi nella convinzione di avere ragione, se rimanere sempre immancabilmente la stessa, se peggiorare, o se crescere.
Spero di aver scelto bene.
Crescere è parlare col cuore in mano a una persona a cui vuoi bene quando pensi ci sia ancora tanto da salvare, e tanto da vivere insieme. Mettendo in conto la possibilità che ciò sia totalmente inutile.
Crescere è provarci, anche quando rischi di beccarti una porta in faccia. In questo ho molta strada da fare, e una parte di me scalpita e ogni tanto la assecondo, ma troppo poco spesso.
Crescere è smettere di usare tante parole, di fare tante promesse, di dire tante cazzate, ed esserci, semplicemente essere lì, a condividere gioie e dolori, ad asciugare lacrime e condividere risate e applaudire in mezzo alla gente in una buia platea.
Crescere è capire di bastare a se stessi, sul serio e totalmente, e iniziare a sperimentare il senso di liberatoria onnipotenza che segue questa consapevolezza.
Crescere è coltivare rapporti umani perché lo si desidera, perché il tuo cuore vuole per diversi motivi condividere una fetta di esistenza e di pane e nutella con una persona, e non perché ci si sente soli o per arraffare il più possibile dall’altro. Quella non è amicizia, è patetico parassitismo.
Crescere è prendere decisioni difficili. È chiudere porte che vanno chiuse. È sottrarsi a situazioni che ormai puzzano di stantio, smettere di rimanerci e di lamentarsi. Crescere è andare via.
Crescere è ammettere di non aver capito un cazzo e avere il coraggio di fare tabula rasa e ricominciare dal principio.
Crescere è avere il coraggio di seguire le proprie passioni, anche quando sono senza scopo, anche quando non sai dove ti porteranno. Soprattutto quando non sai dove ti porteranno.
Crescere è perdonarsi gli errori ma farne tesoro. È ringraziarsi ogni giorno per quegli errori, e ricordarli e commemorarli.
Crescere è ignorare quella voce nella tua testa che tra cento cose buone ti fa notare l’unica cattiva o sbagliata o ridicola. Parla pure, omino rosso, ma sappi che stai parlando al vento.
Crescere è accettare di stare sul cazzo a qualcuno. Se hai una faccia di merda come me, anzi, accettare di stare sul cazzo a molti. È chiederti cosa puoi fare per migliorare ma restando fedele a te stessa. Per esempio, escludendo a priori una plastica facciale…
Crescere è osservare il dolore, la rabbia e il rancore dall’esterno, senza tensioni, senza giudizi, guardandoli ogni giorno farsi sempre più piccoli, sempre meno rumorosi, sempre meno brutti.

Old Year’s Thanks

Mi sembra quasi impossibile, ma questo 2016 sta giungendo alla sua conclusione; è tempo di inevitabili bilanci, buoni propositi e resoconti.
Io ho optato per un bel post di ringraziamenti, dedicato a tutti coloro che, nel bene o nel male, sono entrati nella mia vita, o passati per essa, o hanno confermato una presenza già consolidata in passato.
Questo post è per voi.
Se vi fischiano le orecchie, è colpa mia.
Se pensate che io stia parlando di voi, probabilmente è così. Ma non sicuramente, eh, non siete il fottuto centro dell’universo.
Comunque, bando alle ciance, iniziamo!

Il primo GRAZIE va ai miei tre cani, presenze costanti, indubitabili, solidissime e insostituibili nella mia esistenza. Sono la mia famiglia, i miei aiutanti nel lavoro, coloro con cui condivido la maggior parte del mio tempo e delle mie attività, tre creature differenti con bisogni e desideri diversi che dipendono esclusivamente da me. Probabilmente non sempre riesco a comprenderli e a dedicarmici quanto loro avrebbero bisogno, tuttavia il loro spirito di adattamento, la loro fiducia nei miei confronti e il loro senso del branco sono tali da passare sopra a ogni mia mancanza, a ogni cambiamento, a ogni rinuncia, con una dedizione verso la vita e verso il presente da cui noi scimmiette a due zampe possiamo solo imparare.

GRAZIE alle mie amiche, vecchie e nuove, perse e ritrovate, vicine e lontane. Grazie per esserci state, ognuna a modo proprio, in questo anno così complesso e ricco della mia vita. La mia gratitudine e la mia gioia nel poter condividere una fetta del mio tempo, delle mie esperienze e delle mie emozioni con voi sono immense. Voglio soprattutto dire grazie a quelle amiche con le quali quest’anno ho avuto delle discussioni, delle incomprensioni, dei litigi, degli allontamenti. Grazie perché mi avete insegnato due lezioni importantissime, di quelle che in teoria fanno parte del senso comune ma in pratica in pochi padroneggiano davvero (io stessa sto appena iniziando): l’arte, l’importanza e la necessità dello spiegare e far valere con le parole i propri sentimenti, i propri punti di vista su se stessi e sul mondo; e inoltre il semplice riconoscimento e la totale accettazione dell’alterità delle persone, delle differenze fra esseri umani, che non devono essere motivo di allontanamento, bensì di crescita, e possono contribuire a cementare un’amicizia o un rapporto umano importante di qualsivoglia tipologia.

Un GRAZIE voglio dirlo anche ad alcune meteore che sono passate nella mia vita e sono andate via. Grazie a chi ha contribuito, con la sua presenza e il tempo condiviso insieme, al mio percorso di crescita come individuo: anche quando i destini si separano, sono dell’idea che ci sia sempre, immancabilmente qualcosa di cui far tesoro. Grazie anche a chi ha preso il mio tempo, lo ha accartocciato, ci ha sputato sopra e poi lo ha gettato dietro di sé distrattamente, come fosse una cartaccia o un fazzoletto usato, dimenticandosi immediatamente della sua esistenza: vi ringrazio con sincerità e di tutto cuore, perché questo vostro svogliato, superficiale, egoistico atto mi ha insegnato il valore del mio tempo, della mia presenza, del mettermi a disposizione, come professionista e come persona e come amica, e questo vostro atto mi ha cambiata, mi ha resa forse ancora più selvatica, ma tutto questo è servito a farmi capire davvero che il mio tempo è mio e mio soltanto, ed è servito a schermarmi dalla compassione e dalla generosità che strabordavano dalla mia persona come acqua melmosa da un fiume in piena, e dedicare queste belle doti alle persone che davvero lo meritano, alle persone che mi danno un valore, alle persone con cui posso avere un equilibrato rapporto di scambio, e soprattutto alla mia persona, che è colei che più di ogni altro al mondo lo merita.

GRAZIE alla mia famiglia. Grazie per esserci, grazie per essere riusciti a trovare dei compromessi con me, figlia ribelle e difficile. Grazie per l’aiuto immenso, pratico e morale, che mi avete sempre dato e che continuate a darmi ogni singolo giorno, con immensi sacrifici e amore. Grazie perché mi accettate per quella che sono, e mi supportate in ciò che voglio fare. Grazie per avermi dato le basi che mi permettono ora di costruire giorno dopo giorno la mia vita e i miei sogni. Senza tutto questo, non sarei mai riuscita ad avere il coraggio e le risorse per seguire la mia strada.

GRAZIE alla Musica. Compagna costante della mia vita, è stata spesso la mia unica valvola di sfogo, l’unica in grado di capirmi, l’unica dentro cui potevo perdermi; una grande Musa a cui devo tantissimo. Il prossimo anno sarà dedicato a lei, e spero di conoscerla e di diventarne figlia come mai è accaduto finora.

GRAZIE a tutte le persone che in qualche modo mi hanno aiutata.
Grazie ai miei clienti per la loro fiducia nel continuare o nell’iniziare ad affidarsi alle mie competenze.
Grazie a chi mi ha fatto un dono inaspettato.
Grazie ai professionisti che mi hanno aiutata, e tuttora mi aiutano, a ricostruire alcuni aspetti della mia vita, mattone dopo mattone.

E, infine, il GRAZIE più grande va a me stessa. Mi ringrazio di tutto cuore per non essermi arresa con me, per aver scommesso su di me, per aver faticato con le unghie e con i denti solo per me, per essermi messa in discussione, per aver intrapreso dei sentieri difficili ma necessari, per aver avuto un coraggio da leonessa, per essere stata fragile come un coniglietto quando necessario, per essermi accettata in tutta la mia imperfezione, per aver lavorato per rendermi migliore, per aver lavorato per iniziare finalmente a stare bene, bene come merito, bene come chiunque al mondo meriterebbe.

Grazie a tutti, ci leggiamo il prossimo anno!