Il peso della mia armatura

C’è chi para davanti a sé uno scudo per proteggersi dal mondo. Chi innalza un muro per isolarsi. Chi indossa una maschera per nascondersi. Io ho scelto di unire tutte queste cose indossando un’armatura.

È un’armatura molto pesante, sembra fatta di piombo; eppure è fatta di carne. Pesa quasi 50 kg. Portarla sempre addosso è una fatica immane, quindi a volte porto solo il pezzo di sotto, altre solo quello di sopra, altre solo l’elmo, e così via.

Ed è così che vivo la mia vita in modo sbilanciato.

 

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La Vergogna

C’era una volta una bambina di nome Antonietta.

Aveva i capelli corti e gli orecchini a cerchio, e amava andare sull’altalena, arrampicarsi sugli alberi e giocare sia con le barbie sia con le macchinine. Erano gli anni ’90 ma, dato il suo hairlook e il suo interesse ludico ambivalente. era sicuramente già plagiata dalla lobby gay e dalla teoria del gender.

Antonietta aveva tanti amici, sia divertenti sia noiosi, sia simpatici sia antipatici, con cui si incontrava a scuola, al parco, a volte a casa dell’una o dell’altro.

Ma c’era un’amichetta da cui Antonietta non si separava mai, ma proprio mai. Era con lei quando si svegliava al mattino, era con lei quando faceva colazione, era con lei quando usciva di casa mano nella mano con la mamma per andare verso la scuola, era con lei durante la lezione di italiano, era con lei nell’intervallo, era con lei mentre la maestra di matematica le metteva una nota perché rideva con un’altra amichetta, era con lei mentre buttava di nascosto il cibo maleodorante e umidiccio della mensa, era con lei quando la mamma la veniva a prendere, era con lei quando andava al parco a giocare, era con lei quando al pomeriggio faceva i compiti insieme alla mamma, era con lei anche quando al pomeriggio la mamma lavorava e a casa c’era papà che non controllava il diario e allora giocava con le barbie dicendo di aver già fatto i compiti, era con lei quando la sera la mamma la obbligava a finire i compiti non fatti durante il pomeriggio, era con lei quando a cena c’erano lo spezzatino con i piselli o l’insalata (i due piatti che la piccola odiava di più), era con lei quando piangeva perché il papà la obbligava a mangiarli anche se proprio non li voleva, era con lei a guardare la tv nel lettone insieme a mamma e papà, era con lei quando faceva i capricci perché non voleva andare a letto, era con lei quando si rigirava sbuffando nel letto, era con lei quando infine si addormentava.

La piccola Antonietta non ricordava nemmeno esattamente quando fosse arrivata, quella compagnia così simbiontica; a volte pensava che fosse insieme a lei da sempre. Continua a leggere “La Vergogna”

La cozza e lo scoglio

Se fossi un animale, probabilmente sarei una cozza. A parte facili battute su quanto questo paragone sveli sulla mia autostima e sull’immagine che ho di me e del mio aspetto, io e la cozza abbiamo molto in comune. Per prima cosa, è un animale acquatico, il che, se già mi conoscete anche solo dai miei post, dovrebbe essere un’ottima prima argomentazione. Inoltre si nasconde in un duro guscio completamente nero, il che ricorda molto la visione d’insieme della splendida collezione di armature che celo nella cabina armadio della mia psiche. Sotto quel guscio, per chi sa accedervi con fiducia o indebolendola a sufficienza, vi è una polpa molto buona, probabilmente troppo: proprio questo, infatti, porta la cozza alla sua inevitabile e gustosa fine. Infine, last but definitely not least, la nostra amica cozza passa la sua vita alla ricerca di uno scoglio a cui aggrapparsi.

Gli scogli sono quelle persone estremamente sicure di sé, di quello che sono, di quello che fanno, della loro cruciale importanza per il destino del mondo. Sono così convinte da attirare a sé tutto uno stuolo di povere cozze insicure bisognose di un leader, di un esempio a cui tendere, di una figura di riferimento. Spesso sono amate da molti. Altre volte, sono odiate da molti; ma quei pochi che le amano, lo fanno con una devozione quasi religiosa. Sono infatti figure sostanzialmente iconiche. Non è tanto alla persona che ci si attacca, ma a ciò che rappresenta.

Le cozze come me, insicure, che tendono a dubitare di tutto e che cercano con disperazione un fermo appiglio nell’oceano in tempesta della vita, rimangono affascinate da queste figure, e piano piano ci si avvicinano, fino ad aggrapparsi a loro, mettendo loro in mano una parte importante della loro vita, dei loro progetti, dei loro segreti, del loro sentire. Lo scoglio ha sempre una risposta per la cozza, poiché lo scoglio, argenteo oracolo inanimato, sa tutto.

la cozza e lo scoglio

Questa particolare cozza, nella sua esistenza, si è aggrappata a molti scogli. Poi, come spesso succede nei rapporti umani, lo scoglio si è sentito oppresso, la cozza ha iniziato a sentirsi trascurata, lo scoglio ha smesso di interessarsi agli stupidi e insignificanti problemi della piccola cozza, e ha semplicemente smesso di esserci. Come possa uno scoglio sparire in mezzo al mare, è un grande mistero. In effetti, non è che sparisca. Continua a leggere “La cozza e lo scoglio”

Premi il tasto pausa.

È ormai da qualche giorno che non faccio altro che il minimo indispensabile. Esco di casa. Lavoro. Porto fuori i cani. Vado a fare la spesa.
Ci sono stati periodi della mia vita (meno lontani di quanto vorrei) in cui tutto mi sembrava così triste, vacuo e insensato che spesso rimandavo anche questi fondamentali compiti.
Adesso, non senza gradualità e fatica, le cose stanno cambiando. La mia creatività, di cui questo blog vuole essere uno specchio, si sta pian piano rinvigorendo.
Eppure, ci sono dei momenti in cui sento proprio il bisogno di fare una pausa.

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Mi sento stanca, accaldata, a volte sopraffatta, non so nemmeno io con precisione da cosa. E inizio a mettere meno cura e passione in ciò che faccio. Non scrivo più. Con i cani faccio passeggiate brevi e monotone, in cui non giochiamo né facciamo esercizi. A casa non canto, e quando vado a lezione, al primo vocalizzo impegnativo, mi chiedo (a voce alta, data la confidenza, data dai quindici anni di conoscenza, che ho con la mia povera e paziente insegnante) perché sia lì invece che sul divano col ventilatore puntato in faccia a guardare “Lost. Continua a leggere “Premi il tasto pausa.”

Empatica? Tu? Ma se sei una… * inserire epiteto *

Empatica: così ho scelto di definirmi in questo luogo. Con ogni probabilità, se chiedeste alle persone che mi conoscono di descrivermi con una parola, nessuno sceglierebbe “empatica“. Qualcuno mi chiamerebbe “stronza“, qualcuno “autoritaria“, altri “prepotente“, altri ancora “impulsiva“; qualcuno, spero, mi chiamerebbe “generosa” o “altruista” o, in modo più o meno dispregiativo “crocerossina“. Altri direbbero che sono “superba” e “snob“. Mia madre probabilmente mi definirebbe “selvatica“, senza rendersi conto di starmi facendo un complimento. Mio papà direbbe che sono “testarda“, senza accorgersi che il re dei testardi è proprio lui, il mio calabro padre; anche se io ne sono indubbiamente la principessa. Le mie amiche mi chiamerebbero, in modo semplice ma pregnante, “amica“; le più preziose mi definirebbero “sorella“.25269900-falso-dictionary-dizionario-definizione-di-empatia-archivio-fotografico

Tutti avrebbero ragione e tutti coglierebbero solamente un piccolo, parziale aspetto di ciò che sono; più precisamente, ognuno descriverebbe l’aspetto più importante e prevalente che nota emergere nelle nostre interazioni. Io, se dovessi descrivere una persona, non lo farei sulla base del nostro rapporto. Io guarderei oltre. Ma non perché sia moralmente migliore degli altri o abbia una sorta di super potere, ma semplicemente perché io vedo il mondo con gli occhi di un’empatica. In altre parole, non guardo il mondo con due occhi, ma con mille.